martedì 8 dicembre 2020

♟️ Di scacchi e di psicoterapia ♟️

Qualche riflessione psicologica su "The Queen's Gam
bit"

Ho visto "La Regina degli Scacchi" su Netflix.
Sulla trama e le sue relazioni, varrà la pena scriverci qualcosa a parte. 
Ma il parallelismo fra le mosse degli scacchi e la terapia mi ha colpito subito e di getto butto giù queste riflessioni. 

La storia più o meno la stanno conoscendo tutti, nei social il tam tam è forte: la ragazza incredibilmente talentuosa che entra e sfida il mondo, tutto al maschile, degli scacchi. Un "piccolo mondo ossessivo" che nella serie emerge bene in tutta la sua concentrata alienazione. 

Un ambiente fatto di miti, regole, studi, pratiche e pure stranezze, che mi ha ricordato molto il nostro mondo terapeutico. 

A scacchi, ogni giocatore ha il suo stile. 
Ci sono giocatori famosi e conosciuti, che gli altri giocatori studiano. I giocatori famosi scrivono libri, che gli altri leggono. Esistono mosse conosciute ed emulate, come "The queen's gambit" che dà il nome alla serie, oppure la supercitata Difesa Siciliana. 
Le partite si dividono in 3 parti: apertura, mediogioco, finale. E ogni parte ha le sue tecniche, i suoi stili, i suoi campioni. 

Io ho pensato al nostro lavoro, perché noi terapeuti siamo un po' come gli anziani russi che nella serie passano le giornate a giocare a scacchi sul viale di Mosca. 
Parliamo spesso di psicoterapia, la vediamo un po' da tutte le parti, creiamo i nostri strani club, leggiamo le nostre riviste dove pubblichiamo i nostri lavori. Abbiamo dei miti indiscussi, nomi ai quali siamo devoti, che quando li citiamo nel mondo là fuori la gente ci dice "e chi è?" (Freud no, lui è come Kasparov: lo conoscono tutti). 
Noi psicoterapeuti siamo, a modo nostro, accettabilmente ossessionati dal nostro lavoro, in una maniera diciamo socialmente non disturbante. 
E una delle nostre ossessioni, che però assume una qualità diversa nel corso del tempo (da molto intensa ad inizio carriera fino a filosoficamente relativa con la maturità) è quella delle mosse giuste in terapia. Dove, ovviamente, il terapeuta gioca sempre con il bianco e non esiste lo scacco.. neanche il matto. 

Noi terapeuti studiamo tantissimo, con certosina dedizione. 
Abbiamo studiato bene delle aperture: come Haley per esempio e il suo stile di Joining; o il "non ne sia così sicuro" di Minuchin detto al paziente designato che si è appena seduto dicendo di essere il problema.

Studiamo le chiusure: come le restituzioni di Manfrida, forti ed emozionanti; oppure i paradossi di Caillé, con i suoi "meglio che non cambiate mai, restate così come siete".

Studiamo i mezzogioco, quelli raccontati nelle sedute riportate nei libri; quelli folli di Withaker, quelli caldi e profondi di Cancrini, quelli chirurgici e freddi della Smith Benjamin.

Un caso clinico è un po' come il resoconto di una partita. Leggiamo i virgolettati di terapeuti e pazienti con la stessa voracità con cui gli scacchisti rigiocano le partite famose sulle loro scacchiere. Per imparare e per pensare. Domanda, risposta, intervento. 
P-R4, C-AR3, A-C5

Però tanto studio non basta. Le mosse possibili negli scacchi sono nell'ordine di 10^43. Ci sono più mosse in una partita a scacchi che atomi nell'universo. 
È vero che le partite si dividono in 3 parti: apertura, mediogioco, finale.
Ma dopo che ciascun giocatore ha giocato 3 mosse, ci sono 9 milioni di possibili partite giocabili. 
Nessuna partita si ripete: ogni gioco è unico, dovuto allo scambio e alla relazione fra due persone che si incontrano per un tempo scandito dal ticchettare dell'orologio. 

Credo che per la psicoterapia valga lo stesso. 
Dopo le prime due domande e risposte, le combinazioni di psicoterapie possibili sono miliardi. 
Dobbiamo conoscere le aperture, avere le tattiche apprese del mediogioco di qualche maestro, dobbiamo esercitarci bene con le chiusure. 
Dobbiamo studiare le nostre partite e quelle degli altri, continuamente, per capire come migliorarci e come crescere. 

Ma nei libri non troveremo la soluzione. Non ci sono protocolli per gli scacchi, non ci sono protocolli validi per la terapia. Ce la dobbiamo giocare.

La terapia sarà sempre un incontro unico fra noi e i nostri pazienti, sarà il nostro stile di conduzione e il loro stile di relazione, la nostra storia con la loro storia: quell'unico incontro fra le 10^43 combinazioni di incontri possibili.

mercoledì 1 luglio 2020

La (sostenibile?) stanchezza dell'online

Il passaggio al setting virtuale per l'emergenza Coronavirus 


Il momento presente ha obbligato tutti (o quasi) gli psicoterapeuti a passare a modalità online di lavoro con i propri pazienti. Più o meno ciascuno ha sperimentato il cambiamento: sia i colleghi già pratici, che quelli un tempo scettici, i quali per corrispondere ai vari decreti ministeriali si sono visti costretti ad informarsi velocemente e a tecnologizzarsi con rapidità.

Rispetto a questa comprensibile necessità abbiamo ricevuto molte domande e chiarimenti da colleghi neofiti del virtuale.  

In queste ultime settimane, si osserva infatti nel web un pullulare di consigli, la maggior parte dei quali incentrati su dinamiche tecnologiche o burocratiche, che sono ovviamente importanti, ma non bastano per garantire un buon setting online. Ovviamente mantenere intatte tutte le regole del Codice deontologico, nonché tutte le accortezze riferite alla normativa della privacy è essenziale, così come garantire l'utilizzo di strumenti online che utilizzino una crittografia end-to-end e possano garantire una certa sicurezza nelle comunicazioni (Skype, videochiamate con Whatsapp, google duo ecc...). Ma bastano questi elementi per garantire che online si faccia una terapia? sarebbe come se in un incontro faccia a faccia rispettate le regole di legge e le indicazioni dell’Ordine la terapia fosse già garantita. 
E invece, ancora una volta, il nostro mestiere si scopre speciale, e sente la necessità di adattare alla propria specialità uno strumento di comunicazione quotidiano, che in questo momento viene utilizzato da bambini e anziani, nord e sud, mattina e sera. 

Noi al Csapr di Prato studiamo da anni la modalità online di comunicare e fare psicoterapia, e ci siamo convinti nel tempo che il passaggio fra setting diversi non sia una questione semplicemente tecnica, ma afferisca a dinamiche cliniche alle quali bisogna fare molta attenzione. 

Vista quindi la necessità di riflettere su aspetti di pratica clinica, ci preme dare la nostra opinione sottolineando, seppure con semplicità, i primi punti essenziali da tenere conto se ci si approccia a questa nuova modalità. 

In fondo a questo elenco viene indicata una bibliografia di riferimento, che suggeriamo di approfondire. 

Brevi indicazioni cliniche


1. Prima di tutto vale la pena sottolineare di nuovo che la differenza fra terapia online e in presenza è principalmente clinica. Non basta imparare a conoscere una piattaforma o avere i moduli privacy adatti. E' necessario valutare le proprie competenze e, perché no, anche le proprie insicurezze. La letteratura condivide infatti l'idea che la terapia online non sia un setting più facile, ma sia in realtà una situazione relazionale più complicata da gestire. Bene quindi proporsi come specialista solo quando si sia acquisita abbastanza confidenza con lo strumento.

2. È importante valutare bene l'opportunità o meno di attivare un percorso online. Questo tipo di percorso può non essere adatto a tutti i pazienti, e la sua applicabilità va valutata caso per caso. Quasi tutti i colleghi hanno sperimentato la difficoltà di proporre un cambiamento da sedute in presenza a sedute online per alcuni pazienti. 

La motivazione primaria per rinunciare alla terapia in questo momento è sicuramente la difficoltà a ritagliarsi spazi di privacy sufficiente all'interno delle mura domestiche. Ciò non toglie che alcuni pazienti, probabilmente meno motivati o inseriti in percorsi terapeutici più complicati, possano cogliere questa occasione per interrompere le sedute. Non scoraggiamoci: sta succedendo a tutti. 

3. La terapia online non è una terapia di "serie B". Per questo, anche il pagamento deve essere uguale a quanto era in presenza, per non squalificare il setting e il nostro lavoro. Quella del pagamento è infatti una delle prime domande che chi si approccia all'online pone, quasi a chiedersi se il proprio lavoro avrà lo stesso valore una volta traslato nell'etere. La risposta è sì: il vostro tempo e la vostra preparazione non cambiano. Anzi, come vederemo, ci saranno maggiori difficoltà piuttosto che facilitazioni nel passaggio all'online.

4. La terapia online non è uno strumento più "facile". Attenzione quindi a suggerirà a giovani terapeuti come modalità semplice ed economica di avvio alla professione. I colleghi che utilizzano questa modalità, condividono la necessità di conoscere bene la gestione del setting in presenza prima di passare alla modalità online. Ci possono essere infatti molte più cose da osservare e differenti dinamiche relazionali da gestire in un setting online, nel quale senza volerlo la nostra "invasione" nello spazio privato del paziente è maggiore, e ci sono alcuni elementi tipo la parte emotiva, certe sfumature della voce o del comportamento non verbale, che diventano di più difficile accesso.

5.I pazienti si trovano in un luogo per loro familiare. Può essere quindi necessario stabilire alcune regole. Ad esempio, trovarsi in una stanza chiusa senza che nessuno possa disturbare, non stare sdraiati sul letto o in pigiama, non magiare o fumare durante la seduta, ecc.. Qualsiasi regola che possa far stare comodi entrambi andrà bene, purché venga esplicitata e, se necessario, se ne parli insieme in seduta. 

Servono delle regole per far sì che tanta familiarità con l'ambiente non condizioni troppo il lavoro terapeutico. Se la maggior parte dei colleghi non ha problemi a vedere il paziente che fuma o prende un caffè, ci sono alcuni elementi che vanno mantenuti. La maggior parte dei colleghi concorda per esempio nel richiedere un abbigliamento consono (no in pigiama, per esempio), e una situazione comoda ma non esagerata (ad esempio, no sdraiati sul letto). Queste sono tutte variabili che avranno bisogno di essere concordate con il paziente prima del passaggio ad un setting online.

6. Il setting online non è una semplice trasposizione di quello in presenza. Ci sono variabili nuove da osservare, a partire dal fatto che c'è una grande intrusione nella quotidianità del paziente. Ci saranno molte variabili da valutare, ad esempio il fatto che il video porterà la nostra faccia così vicina a quella del paziente come mai prima, oppure che potrebbero esserci delle particolari "intrusioni" o sorprese (animali domestici che partecipano alla seduta, familiari che si affacciano e vengono presentati al terapeuta, tour dell'appartamento ecc.). Ogni cosa, ogni particolarità potrà venire utilizzata in terapia. 

7. La terapia online è più stancante di quella in presenza. Questa è una caratteristica che tutti i terapeuti che si interfacciano al virtuale sperimentano. Probabilmente sarà difficile mantenere lo stesso numero di pazienti che siamo soliti vedere in presenza. Si consiglia quindi di aumentare il numero di pause fra un paziente e l'altro, e di evitare il sovraccarico di lavoro, che sarà più difficile da gestire. Probabilmente questa stanchezza si rifà a quanto scritto nei punti precedenti, cioè le differenze di setting e di ambiente che diventano dirimenti al momento del lavoro online.

8. L'online può essere un buono strumento da utilizzare anche per la terapia di coppia. Ovviamente tutti gli aspetti di fisicità saranno ridotti, quindi strumenti come le sculture, o alcuni protocolli, non saranno applicabili. Ciò nonostante, soprattutto in questa epoca emergenziale, può essere un valido aiuto non interrompere il lavoro di coppia e continuarlo in modalità online.

9. Esistono buone esperienze di setting familiare online. Prima dell'emergenza, l'online era stato utilizzato da molti per convocare in seduta membri che non vivevano vicini.

In questa situazione emergenziale, anche le sedute familiari possono svolgersi online, tenendo conto di alcuni accorgimenti, tipo l'importanza di stabilire chiare regole per parlare, per evitare che la seduta si trasformi in un caos. 

Sembrano esistere limitazioni particolari solo per coloro che svolgono sedute individuali con bambini. La fisicità limitata e l'impossibilità di fare qualsiasi attività motoria rendono questo tipo di sedute pressoché impossibili da svolgersi online.

10. Il setting del terapeuta, laddove possibile, sarebbe meglio restasse lo stesso delle sedute in presenza. Se non è possibile recarsi in studio, sarebbe importante creare un luogo più neutro possibile. Teniamo comunque presente che la self disclosure, lavorando dalla propria abitazione, sarà comunque inevitabile. È importante gestirla il più possibile, evitando per esempio di essere disturbati mentre si è in seduta, o di mettere la Webcam davanti alle fotografie della propria famiglia rendendo accessibili troppi contenuti personali ai pazienti. 



Nonostante questo elenco possa sembrare semplice, tutti i colleghi che da anni studiano le modalità di lavoro online concordano sul fatto che questa è una modalità clinica molto difficile. 

Invitiamo quindi chiunque fosse interessato ad approfondire questo tema complesso, può visionare la seguente indicativa bibliografia.


Breve bibliografia di riferimento


AA.VV. (2017). Stato dell’arte della ricerca scientifica sulle prestazioni psicologiche 
OPL-2017-definitivo-300817.pdf.

Borcsa M., Pomini V. (2018). Couple and Family Therapy in the Digital Era, in 
Lebow J.L., Chambers A.L., Breunlin D.C. (a cura di) (2018). Encyclopedia of 
Couple and Family Therapy. New York: Springer.

Giuliani M. (2012). Ipotesi sul Sé: dalla psicoanalisi al virtuale. In Barbetta P., 

Casadio L., Giuliani M. (a cura di). Margini. Tra sistemica e psicoanalisi. Torino: Antigone. 

Giuliani M. (2015). Il primo terremoto di internet. Trani: Durango Edizioni. 

Giuliani M. (2019). La terapia online, in Barbetta P., Telfener U. (a cura di) (2019).  Complessità e psicoterapia. L’eredità di Boscolo e Cecchin. Milano: Raffello Cortina.

Manfrida G. (2009). Gli SMS in psicoterapia. Torino: Antigone. 


Manfrida G., Albertini, V. (2014). “Una professione per niente software. 
Considerazioni sulla pratica relazionale attraverso nuovi canali di comunicazione”. 
Psicobiettivo, 3: pp. 15-32. DOI: 10.3280/PSOB2014-003002. 


Manfrida G., Albertini V., Eisenberg E. (2017a). “Connected: recommendations 
and techniques in order to employ Internet tools for the enhancement of online
therapeutic relationships. Experiences from Italy”. Contemporary Family 
Therapy, 39: pp. 314-328. DOI: 10.10007/s10591-017-9439-5. 


Manfrida G., Albertini V., Eisenberg E. (2017b). “Connessi: raccomandazioni e 
tecniche per promuovere la relazione terapeutica online con strumenti internet. Esperienze italiane”. Ecologia della Mente, 2: pp. 200-225. 


Manfrida G., Albertini V., Eisenberg E. (2019). “Psychotherapy and Technology: 
Relational Strategies and Techniques for Online Therapeutic Activity”. 
In Linares J.L., Pereira R. (a cura di) (2019). Clinical Interventions in 
Systemic Couple and Family Therapy, Springer Nature, Switzerland. DOI: 
10.1007/978-3-319-78521-9. 

Manfrida G., Eisenberg E. (2007). “Scripta… volant! Uso e utilità dei messaggi SMS in psicoterapia”. Terapia Familiare, 85: pp. 59-82. DOI: 10.1400/94241.


Strumia F. (2014). “Note sulla psicoterapia online”. Psicobiettivo, 34, 3: pp. 51-65. 
DOI: 10.3280/ PSOB-2014-003004.

Vallario L. (2012). “SMS e terapia: le relazioni pericolose”. Ecologia della mente, 
2: pp. 240-252.

Wallace P. (2016). The psychology of the internet, Cambridge, U.K.: Cambridge 

University Press; trad. it. (2017). La psicologia di internet. Milano: Raffaello 
Cortina.

martedì 30 giugno 2020

Il passaggio al setting online durante l'emergenza Covid-19

I risultati di una indagine qualitativa 


Nei mesi di marzo e aprile 2020 insieme a Gianmarco Manfrida ed Erica Eisenberg abbiamo strutturato una indagine qualitativa per analizzare con i colleghi stessero vivendo il necessario passaggio ad un setting online dovuto all'emergenza Coronavirus.

Abbiamo intervistato 290 psicoterapeuti. A questo link trovate i risultati commentati.


https://www.slideshare.net/CSAPRPrato/il-passaggio-allonline-una-svolta-importante-per-la-psicoterapia-ecco-i-primi-risultati-della-nostra-indagine-sul-cambio-di-setting-terapeutico-a-un-mese-e-mezzo-dal-lockdown