domenica 17 settembre 2017

In purezza

Leggere "Purity" con uno sguardo alle relazioni familiari

Nel sistema economico di sua madre, lei era una banca troppo grande per poter fallire, 
un’impiegata troppo indispensabile per poter essere licenziata per cattiva condotta. 

Purity è un bellissimo romanzo di Jonathan Franzen, autore già apprezzato da tutto il mondo "psi" per i suoi altri titoli che avevano già ispirato riflessioni in molti terapeuti e psicologi. Ne "Le correzioni" infatti, i tre fratelli Lambert facevano i conti con uno svincolo impossibile e la conseguente, più o meno esplicita, depressione; in "Libertà" il figlio adolescente dei Berglund trovata terreno così poco fertile per svincolarsi, che sceglieva di andare a vivere dai vicini, giocandosi con una mano l'idea dell'essere lontani e a due passi.

Franzen sembra insomma affascinato e maledetto allo stesso tempo dal tema dell'invischiamento e delle difficoltà di svincolo. E dell'impossibilità di svincolarsi parla, in maniera magistrale, anche Purity.

Al di là del fatto che si dovrebbe leggere un libro come Purity anche solo per il piacere di trovarsi fra le mani un capolavoro come raramente se ne incontrano, uno psicoterapeuta può trovarci dentro un racconto di relazioni complicate fra genitori e figli, fra mogli e mariti, storie di costruzioni e di di rotture di rapporti, di padri e madri che un po' incasinano, e un po' salvano.

Il romanzo racconta le storie di molto protagonisti, e si allarga nel tempo e nello spazio, fra gli anni 70 e il presente, fra l'Europa e il continente americano.

E per chi fa il nostro mestiere, Purity è interessante per le geografie familiari che descrive. In primis, è un romanzo pieno di mamme. Mamme complicate, mamme narcisiste, mamme folli e mamme mancate.
C'è il rapporto di Purity con sua madre, che apre il romanzo descrivendo la quotidianità della pazzia, che agli occhi di chi ci condivide pranzo e cena sembra quasi una forma un po' strana di normalità.
C'è il rapporto fra Andreas e la madre, altra storia di sottile follia il cui disvelamento va di pari passo con la crescita del figlio. C'è Clelia, mamma di Tom, donna rigida che fa faticamene i conti con le proprie aspettative mancate e in un certo modo le proietta sul figlio.
Il padre nel romanzo è invece per la maggior parte periferico, quando non assente, comunque sempre ricercato: i padri del romanzo hanno in comune l'incapacità di proteggere i figli dalle forti aspettative materne.

Nello sviluppo del romanzo si vede tessere quella elegante tela che noi terapeuti conosciamo bene, che dice che solo chi scende a patti e accetta il proprio passato, e si separa in maniera sana dai propri genitori cresce, crea una vita adulta propria. C'è invece fra i protagonisti del romanzo chi non riesce, e soccombe, ricordandoci che gli obiettivi sociali sono sempre secondari rispetto a quelli personali individuali: non importa quanto successo riuscirai ad avere da grande, perchè se non ti svincoli sarà comunque difficile vivere nel mondo adulto.

Il libro parla di molte cose, ma se lo si guarda con un occhio psicologico parla principalmente di questo: delle relazioni primarie e di come condizionano le nostre relazioni future, e di quanto può essere difficile diventare veramente adulti se non abbiamo un sistema familiare in grado di sostenerci nella creazione di una identità propria, speciale e libera da eccessive aspettative e condizionamenti. Un sistema, insomma, che sappia guardarci senza condizionamenti, con Purezza.

Ritorno al futuro

Riflessioni sui nuovi orizzonti della psicoterapia sistemico relazionale

Abstract dell'intervento fatto al Convegno SIPPR il 7 e 8 maggio 2016 a Prato


 “Non rinchiuderti, partito, nelle tue stanze,
resta amico dei ragazzi di strada"
                               Vladimir Majakovskij


Interrogarsi sul tema dei nuovi orizzonti della psicoterapia sistemico relazionale è difficile: si rischiano pericolosi scivolamenti in tecnicismi che strizzano l’occhio alla modernità, o di riproporre, con differenti condimenti, qualcosa già visto, sentito, utilizzato. Eppure, sebbene anche Bertrando (1998) sottolinei che la differenziazione per tecniche, orientamenti e idee ha caratterizzato negli ultimi anni il mondo della psicoterapia sistemica e i sistemici sembrano molto capaci di procedere per invenzioni di tecniche, idee e “linguaggi esoterici” (Manfrida, 2009), non può essere il progresso tecnico che fa procedere un paradigma.
Diceva il pittore Castellani: "Io non credo alla tecnica come lievito per nuove idee, come provocatrice di cose nuove”[1]: ma se nel nostro paradigma non ci concentriamo sugli sviluppi tecnici,quali possono essere allora i nostri “nuovi orizzonti”?
Il paradigma sistemico relazionale ci insegna che non c’è futuro senza passato, senza una storia. I nuovi orizzonti quindi devono prendere spunto dalle radici più antiche, per recuperare ciò che ha reso l’approccio sistemico così speciale rispetto a tutti gli altri paradigmi. In questa sede ne citerò quattro, ai quali sono particolarmente affezionata. Ovviamente ce ne saranno molti altri, e anzi spero che molti altri stimoli seguiranno queste righe.

1. la lettura sistemica dei fenomeni
L’idea di relazione ci permette di guardare al contesto come un sistema più ampio di quello interpersonale. Il ricorso alle tecniche di cui parlavamo appartiene ad un intervento a livello di microsistema, ma questo NON E’ l’unico intervento che un sistemico può fare, anche se a volte sembriamo essercene dimenticati, restando chiusi al calduccio dei nostri studi. Occorre recuperare la ricchezza della complessità dei sistemi ricordandoci che “occuparsi solo di famiglia è arbitrario e […] i sistemi umani in cui ci muoviamo sono virtualmente infiniti” (Bertrando Toffanetti 2000).
Il paradigma sistemico relazionale ha in sé la capacità di leggere sintomi e comportamenti anche all’interno di una visione di comunità e società più ampia, che oggi come ieri ha bisogno di una lettura sistemica dei propri fenomeni; d’altronde  “Applicare al piccolo gruppo spontaneo […] i principi di intervento mediati dalla utilizzazione del metodo relazionale porta ad una sorta di saldatura […] fra le linee proprie della prassi socio-politica (livello dei grandi gruppi) e quelle proprie della prassi interpersonale (livello dei piccoli gruppi) in cui più direttamente si determina la richiesta di aiuto psichiatrico (Cancrini, Malagoli Togliatti, 1976).
Agire quindi solo su un aspetto della vita delle persone può essere necessario all’interno della stanza di terapia, purché non si perda di vista che è il sistema, inteso come famiglia, ma anche come sistema comunitario e sociale di appartenenza, che sul singolo individuo interviene e agisce: infatti “il cambiamento sociale comincia con un incontro a due” (Robine 2012)

2. il dibattito politico sulla “riscrittura” del welfare
I cambiamenti socioeconomici e il passaggio alla postmodernità sono accompagnati dall’insorgenza di nuovi fattori di rischio e di disagio, non universali ma dipendenti dalle singole situazioni sociali. Questo, unito alla crisi economica in atto e alle linee politiche promosse, porta una necessaria riscrittura dei sistemi di welfare. Ma se chi si occupa di politiche sociosanitarie ha più attenzione per il portafoglio che per i diritti, “il paradigma relazionale è ciò di cui le scienze sociali hanno bisogno per riuscire a distinguere che cosa c'è di umano nel sociale, e che cosa invece lo fa diventare dis-umano o non-umano”: i sistemici possono collaborare con i sociologi e i politologi perché “l’approccio relazionale apre nuovi orizzonti, teorici ed operativi, in quanto mostra il lato invisibile, e però reale, di ciò che allo stesso tempo tiene legati e rende conflittuali fra loro gli esseri umani quando vivono assieme” (Donati, Colozzi 2006).

3: il valore preventivo dell’intervento sistemico
Come detto, il tema economico è fondamentale per improntare qualsiasi intervento: e a chi sottolinea il costo della psicoterapia, dovremmo prontamente rispondere quanto costi il NON fare psicoterapia. A livello politico, l’ottica sistemica può apportare nei  tavoli appropriati il valore umano, etico, sociale della terapia, nonché il suo potere economico (ad esempio, lo studio della London School of Economics sull’incidenza economica della psicoterapia).
Per far questo, è necessario strutturare un nuovo lavoro politico che metta in rete i sistemico relazionali non solo con il mondo della salute mentale, ma anche con associazioni e enti di terzo settore, assessorati, cattedre universitarie (sociologia, scienze della formazione, psicologia comunità e sociale, organizzazioni, ma anche economia ecc..)

4: la visione della malattia mentale
Forse la “battaglia per i marchi registrati” (Framo 1996) che tanto ha contribuito alla balcanizzazione delle scuole ci ha fatto perdere di vista ciò che è alla base del paradigma: le teorie, e anche un’idea condivisa di salute mentale, relazionale e di comunità. Eppure c’è poco spazio per un dibattito sulla salute mentale e sulla prevenzione del disagio psichico: si ampliano le aree diagnostiche, aumenta il consumo di psicofarmaci, vengono promosse psicoterapie “superfast”, la prevenzione sembra un costo in eccesso da tagliare dai bilanci.
Ma “Se cinquant’anni fa si lottava per andare contro l’establishment psichiatrico e cercare altre strade oltre a quella del controllo e della contenzione, oggi, tra post-modernismo e politically correctness, assistiamo a un silenzio tombale su tutto il fronte, perché se la critica non viene dall’interno di chi cavalca il modello medico ad oltranza, non arriva neppure dal mondo psicologico e delle altre discipline sociali”.[2](Andolfi, 2014).
Forse in un lavoro condiviso di società sistemica potremmo trovare la forza di rispondere a questa idea di prevenzione che si sta diffondendo e che sta promuovendo un’idea di salute mentale “da banco”.

Sebbene sia difficile ridurre in poche righe gli apporti del paradigma relazionale alla società contemporanea, e più difficile ancora sia concludere una riflessione che nell’intento vorrebbe restare aperta, credo che alcuni cambiamenti in questa direzione siano necessari se vogliamo che il paradigma sopravviva e si distingua da altri orientamenti. Vale quindi la pena che all’interno dei nostri training e nei nostri studi si recuperi una lettura sistemica della società, i cui cambiamenti hanno un impatto sicuramente importante per chi come noi si occupa di salute.
I nuovi orizzonti sono a mio parere questo: il recupero delle radici che hanno unito i relazionali, piuttosto che un’analisi delle tecniche e delle impostazioni che negli anni li hanno separati.
D’altronde, se di origini comuni vogliamo parlare, già Freud apriva la riflessione verso un’ottica sociale e collettiva: ”La contrapposizione fra psicologia individuale e psicologia sociale o delle masse, contrapposizione che a prima vista può sembrarci molto importante, perde, a una considerazione più attenta, gran parte della sua nettezza. [..] Nella vita psichica del singolo l’altro è regolarmente presente come modello, come oggetto, come soccorritore, come nemico, e pertanto, in questa accezione più ampia ma indiscutibilmente legittima, la psicologia individuale è anche, fin dall’inizio, psicologia sociale” (Freud, 1921).

Bibliografia di riferimento

Andolfi M., Psicofarmaci, Dsm-V e psicoterapia familiare, Il Corriere 30 Novembre 2014 http://www.corriere.it/salute/neuroscienze/14_novembre_28/terapia-familiare-1dbeb5b2-772c-11e4-90d4-0eff89180b47.shtml
Betrando P., Toffanetti D. (2000) Storia della terapia familiare. Raffaello Cortina Editore. Milano
Bertrando  P. (1998) Testo e contesto. Narrativa, postmoderno e cibernetica. Rivista Connessioni, 4, 1998
Cancrini L., Malagoli Togliatti M. (1976) Psichiatria e rapporti sociali. Editori Riuniti, Roma.
Framo, J. L. (1996), A personal retrospective of the damily therapy field: then and now. Journal of Marital and Family Therapy, 22: 289–316. doi:10.1111/j.1752-0606.1996.tb00207.x
Freud S. (1921) Psicologia delle masse ed analisi dell’io, Edizione Bollati Boringhieri 1975, Torino
Manfrida G. (2009) L’Artusi, la nouvelle cuisine e la psicoterapia: conservazione, innovazione e mode in terapia relazionale. Ecologia della Mente, Il pensiero scientifico Editore, Roma
Donati P., Colozzi I. (2006) Il paradigma relazionale nelle scienze sociali: le prospettive sociologiche,  Il Mulino, Bologna
Robine J.M., (2012) Social change Begins with two. Gestalt Therapy Book Series, Siracusa



[1] Enrico Castellani, in "Autoritratto" di Carla Lonzi, corsivo mio