Leggere "Purity" con uno sguardo alle relazioni familiari
Nel sistema economico di sua madre, lei era una banca troppo grande per poter fallire,
un’impiegata troppo indispensabile per poter essere licenziata per cattiva condotta.
Purity è un bellissimo romanzo di Jonathan Franzen, autore già apprezzato da tutto il mondo "psi" per i suoi altri titoli che avevano già ispirato riflessioni in molti terapeuti e psicologi. Ne "Le correzioni" infatti, i tre fratelli Lambert facevano i conti con uno svincolo impossibile e la conseguente, più o meno esplicita, depressione; in "Libertà" il figlio adolescente dei Berglund trovata terreno così poco fertile per svincolarsi, che sceglieva di andare a vivere dai vicini, giocandosi con una mano l'idea dell'essere lontani e a due passi.

Al di là del fatto che si dovrebbe leggere un libro come Purity anche solo per il piacere di trovarsi fra le mani un capolavoro come raramente se ne incontrano, uno psicoterapeuta può trovarci dentro un racconto di relazioni complicate fra genitori e figli, fra mogli e mariti, storie di costruzioni e di di rotture di rapporti, di padri e madri che un po' incasinano, e un po' salvano.
Il romanzo racconta le storie di molto protagonisti, e si allarga nel tempo e nello spazio, fra gli anni 70 e il presente, fra l'Europa e il continente americano.
E per chi fa il nostro mestiere, Purity è interessante per le geografie familiari che descrive. In primis, è un romanzo pieno di mamme. Mamme complicate, mamme narcisiste, mamme folli e mamme mancate.
C'è il rapporto di Purity con sua madre, che apre il romanzo descrivendo la quotidianità della pazzia, che agli occhi di chi ci condivide pranzo e cena sembra quasi una forma un po' strana di normalità.
C'è il rapporto fra Andreas e la madre, altra storia di sottile follia il cui disvelamento va di pari passo con la crescita del figlio. C'è Clelia, mamma di Tom, donna rigida che fa faticamene i conti con le proprie aspettative mancate e in un certo modo le proietta sul figlio.
Il padre nel romanzo è invece per la maggior parte periferico, quando non assente, comunque sempre ricercato: i padri del romanzo hanno in comune l'incapacità di proteggere i figli dalle forti aspettative materne.
Nello sviluppo del romanzo si vede tessere quella elegante tela che noi terapeuti conosciamo bene, che dice che solo chi scende a patti e accetta il proprio passato, e si separa in maniera sana dai propri genitori cresce, crea una vita adulta propria. C'è invece fra i protagonisti del romanzo chi non riesce, e soccombe, ricordandoci che gli obiettivi sociali sono sempre secondari rispetto a quelli personali individuali: non importa quanto successo riuscirai ad avere da grande, perchè se non ti svincoli sarà comunque difficile vivere nel mondo adulto.
Il libro parla di molte cose, ma se lo si guarda con un occhio psicologico parla principalmente di questo: delle relazioni primarie e di come condizionano le nostre relazioni future, e di quanto può essere difficile diventare veramente adulti se non abbiamo un sistema familiare in grado di sostenerci nella creazione di una identità propria, speciale e libera da eccessive aspettative e condizionamenti. Un sistema, insomma, che sappia guardarci senza condizionamenti, con Purezza.
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