venerdì 20 maggio 2022

"FAKE IT, UNTIL YOU MAKE IT"

La serie "The dropout" da un punto di vista psicologico


Qualche giorno fa un amico
ha citato questa frase, che ho cercato e scoperto essere un motto molto utilizzato nella Silicon Valley. Da questa breve googlata, link dopo link, ho raggiunto la serie "The dropout" su Disney Plus: la storia vera di Elizabeth Holmes e della sua startup Theranos, che all'inizio degli anni 2000 prometteva di fornire analisi del sangue dettagliate a partire da un'unica goccia di sangue.

Della serie colpiscono due cose. La  prima riferita al bisogno di lei di compensare il fallimento familiare dimostrando di essere una vincente miliardaria anche a costo di rischiare vite umane, sottolineando il forte valore antisociale e schizoide della sua personalità. A conferma che questo è un mondo dove la psicopatologia viene premiata, perché è maggiormente corrispondente alle logiche di mercato, a discapito dell'etica e delle relazioni umane e sociali. 

La seconda cosa è il bisogno estremo del contesto intorno alla Holmes di credere: nella tecnologia che può ogni cosa, nella promessa di soldi facili, nelle risposte semplici a problemi complessi.

Viene da chiedersi come una ragazzina di 19 anni sia riuscita a raccogliere oltre 700 milioni di dollari, coinvolgendo grandissimi investitori, in un progetto falso, mantenuto però in vita per oltre un decennio.

Dice lo storico Harari che cioè che ha differenziato e permesso all'homo sapiens tanta evoluzione è stata la capacità dell'uomo di raccontarsi storie. Che credere nell'idea di un Dio, di uno Stato, di una Nazione ci ha permesso di unirci e di lavorare coordinatamente per dei progetti. 

Oggi mancano grandi narrative che riescano ad unire gli esseri umani, che sembrano andare alla ricerca disperata di qualcosa che spieghi, che tenga insieme. 

Nella serie si vede bene quanto bisogno ci sia di crearsi dei miti, e quanto questo rischi di offuscare il giudizio: il mito della donna in carriera che sfida un mondo di uomini (e che fa sentire questi uomini meno misogini); il mito della tecnologia che supera tutti i problemi e limiti del reale; ma anche la noia della scienza, che ha bisogno di tempi che non sono adatti per il mondo dell'economia. 
E, da ultimo, il nostro collettivo bisogno di vedere eroi che ce la fanno, che mostrano il mito di un successo rassicurante che alla fine ciascuno di noi potrebbe raggiungere, avendo l'idea giusta. Dopotutto, per inventare Microsoft basta solo un garage. 

In psicologia parliamo del potere dell'esperto per descrivere quel fenomeno per cui un soggetto che viene percepito come esperto, o un'autorità, in qualche campo viene difficilmente messo in discussione. 

Per Elizabeth Holmes apparire sulle copertine di Forbes o Fortune è stato più importante del confronto con la FDA e con la comunità Scientifica, e questo è un problema al quale siamo esposti tutti, quotidianamente. 

Perché è più facile scrivere su Facebook vantando un expertise, perché apre a un successo più rapido, perché offre al nostro cervello la possibilità di trovare soluzioni semplici a cose complesse. 

Però, guardiamo cosa succede a credere troppo, o a innamorarsi delle nostre teorie; a crearci facili miti e nuovi erio; a non mettere in discussione le nostre scelte o i nostri bisogni di certezza, e a sottrarsi al confronto con la comunità. 

Fra tutte le speranze che ci dobbiamo portare dentro in questi anni, aggiungiamo quella di tornare presto al "Don't fake it, Until You make it".

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