La classificazione delle dipendenze secondo il modello di Luigi Cancrini
Uno degli studiosi che ha
contribuito in maniera significativa l’ampliarsi del dibattito circa l’intervento
nell’ambito delle tossicodipendenze è Luigi Cancrini. Cancrini ha sviluppato
una classificazione delle differenti tipologie di tossicomanie creata sulla
base delle dipendenze da sostanze, ma che a tutt’oggi rappresenta una mappa
concettuale utilizzabile anche nei confronti di situazioni con dipendenze comportamentali
o “nuove dipendenze”. Questo è possibile perché, nonostante ogni storia sia un
caso unico e abbia degli aspetti di singolarità dei quali bisogna tener conto
in fase di presa in carico o cura, il meccanismo psicologico generale che porta
una persona ad avere un problema di dipendenza è lo stesso e non si rilevano
sostanziali differenze sia che si tratti di una dipendenza da sostanza sia che
si tratti di una dipendenza senza sostanza.
Secondo Cancrini e La Rosa (2001)
le tossicodipendenze sono una forma di presentazione dei problemi di svincolo e
delle difficoltà di individuazione.
I criteri che gli autori
utilizzano per la creazione della loro classificazione sono diversi:
l’organizzazione e il modello comunicativo della famiglia del
tossicodipendente; l’organizzazione psicologica che descrive i tratti del
carattere e la personalità del tossicodipendente; le caratteristiche dei
comportamenti di assunzione della sostanza elettiva; le modalità di rapporto
che il tossicodipendente e/o i suoi familiari tendono a stabilire con gli
operatori e/o con i servizi che si occupano di loro; le forme e il decorso di
intervento terapeutico.
Il modello suddivide quattro principali categorie di
tossicomani:
A. Tossicomanie traumatiche
B. Tossicomanie di area nevrotica
C. Tossicomanie di transizione
D. Tossicomanie sociopatiche
4.1
Tossicomanie traumatiche o A
La situazione famigliare in cui
questa forma di tossicomania si presenta ha caratteristiche piuttosto
diversificate: si tratta, in alcuni casi, di un figlio/a ritenuto esemplare, ma
abituato a tenere per sé i propri problemi, che crolla, diventando
tossicodipendente, di fronte all’esperienza di un grave trauma. Nella maggior
parte dei casi si tratta di adolescenti che hanno da poco definito la loro
identità, o di giovani adulti non impegnati sentimentalmente o solo di recente
impegnati in una relazione di coppia, la cui nuova rete di relazioni è
inadeguata al momento del bisogno creato dal dolore e dal lutto. Il lutto è in
genere legato alla perdita di una persona cara, ma può anche riferirsi alla
perdita della fede in un’idea o in una persona.
La sostanza serve per attenuare
una sofferenza o uno stato di tensione molto forte e, allo stesso tempo mettere
in secondo piano le problematiche irrisolte precedenti all’evento luttuoso, con
lo scopo non dichiarato e talvolta non cosciente di mantenere il quadro
relazionale dominante in quel gruppo familiare.
Lo sviluppo della
tossicodipendenza avviene in breve tempo perché repentino è il cambiamento di
stile di vita dove la sostanza diventa di colpo il centro di tutto proteggendo
l’individuo da una situazione di panico e di sofferenza molto violenta. Il
comportamento di questo tipo di tossici può essere, nei casi più gravi,
teatrale e autodistruttivo: il tentativo non è quello di ricevere piacere, ma
di stordirsi.
Dal punto di vista terapeutico,
le tossicomanie di tipo A rispondono alla terapia; il recupero può essere
totale se la droga non ha causato danni fisici persistenti; il lavoro da
svolgere è centrato sulla tematizzazione e la verbalizzazione del lutto ed è
indicato un lavoro individuale.
4.2
Tossicomanie di area nevrotica o B
Dal punto di vista sistemico la
struttura familiare in cui si sviluppa questo tipo di tossicodipendenza
prevede:
a) il coinvolgimento forte di uno dei genitori (solitamente
quello di sesso opposto) nella vita e nella tossicodipendenza;
b) il ruolo periferico dell’altro genitore;
c) l’evidenza di quella che viene definita “triangolo
perverso”; ossia l'alleanza non dichiarata tra un genitore e un figlio contro
l'altro genitore.
d) la debolezza dei confini tra i sottosistemi che definiscono
la gerarchia familiare. Quello dei genitori è un sottosistema che dovrebbe
essere differenziato da quello del/i figlio/i: in questo tipo di situazioni la
posizione del piano della coppia e quello dei figli non è sempre ben definita
né armonica e si può assistere ad una vera e propria inversione nelle funzioni
di genitore e di figlio.
e) lo sviluppo di una polarità che definisce la figura del
figlio/a tossicomane come “cattivo” in rapporto ad un altro figlio/a “buono”;
f) un modello comunicativo caratterizzato dalla
contraddittorietà dei messaggi, dalla rapidità e dalla violenza di sviluppo dei
messaggi.
Questo tipo di tossicomania è
caratterizzato dalla connotazione depressiva dell’abitudine (assenza di
elementi relativi al “piacere”) e dall’atteggiamento dimostrativo con
provocazioni spesso rivolte a coloro che vengono percepiti responsabili, molto
spesso i genitori.
Dal punto di vista terapeutico,
il lavoro deve essere centrato sin dall’inizio sul controllo dei comportamenti
sintomatici attraverso la costituzione di un fronte unito da parte dei
genitori; il tentativo di lavorare individualmente con queste persone è
abitualmente del tutto inutile.
4.3. Tossicomanie di “transizione” o C
Il termine indica quei
tossicomani la cui organizzazione difensiva prevede un’ampia utilizzazione di
meccanismi nevrotici e psicotici.
Dal punto di vista clinico la
situazione presenta:
1) stati di esaltazione gioiosa (ipomaniacale o manifestatamene
maniacale) caratteristici dei primi anni ed espressione di quella che è stata
chiamata “luna di miele” con la sostanza;
2) importanti e ripetuti stati depressivi, frequenti poi in
fasi successive della tossicodipendenza;
3) difficoltà del paziente, dei genitori e di chi osserva a
collegare l’evoluzione della tossicodipendenza con fatti specifici della vita
della persona;
4) rischio di suicidio, soprattutto quando il ricorso alla
droga viene bruscamente interrotto;
5) tendenza al mantenimento nel tempo di una dipendenza marcata
(affettiva, organizzativa, economica) dalla famiglia d’origine;
6) rischio di ricadute.
Lo stile comunicativo in queste
famiglie evidenzia interessanti analogie con le famiglie con problemi di
svincolo, (con questa espressione si fa riferimento alla difficoltà, e talvolta
impossibilità, di lasciare la famiglia d’origine per avviare la costruzione di
un proprio nucleo familiare); in particolare si ritrova la difficoltà estrema
di non definire la relazione e l’uso di messaggi paradossali e incongrui, col
risultato di una estrema difficoltà comunicativa tale da rendere molto
complesso capire il significato reale di quello che viene detto, in un perenne
stato di insoddisfazione circa la relazione; i membri mostrano infatti una
diffusa tendenza a ignorare il significato del messaggio degli altri.
I genitori sono ambedue coinvolti
nella tossicodipendenza o nella vita del figlio/a. In questo tipo di famiglie,
come in quelle con un paziente psicotico, esiste quello che Mara Selvini
Palazzoli ha chiamato il “membro prestigioso”.
Per quanto riguarda l'intervento, questo tipo di tossicomania è molto difficile da trattare.
Trattandosi di problemi di svincolo l’indicazione è quella del lavoro con
l’intera famiglia.
4.4 Tossicomanie
“sociopatiche” o D
Le tossicomanie “sociopatiche” o
D sono caratterizzate:
a) dall’evidenza di comportamenti antisociali prima dello
sviluppo della tossicodipendenza e della presenza di condizioni di svantaggio
sociale e culturale;
b) dall’atteggiamento di sfida del tossicodipendente che si
comporta con la freddezza e la provocazione di una persona incapace di amare e
dalla sua percezione di un ambiente ostile intorno a sé;
c) dal distacco con cui parla della sua abitudine, dalla
frequenza di politossicomanie e dalla sottovalutazione degli effetti della
droga.
Le storie di questi pazienti sono
quelle delle famiglie multiproblematiche. Il disadattamento di questi giovani
si evidenzia nelle difficoltà scolastiche avute e poi nello scontro con le
regole imposte dalla società durante l’adolescenza.
I modelli comunicativi e
l’organizzazione familiare di questo tipo di tossicodipendenti sono simili a
quelli riscontrati nelle tossicomanie di tipo B. Nei casi più seri corrispondono
a quelli riscontrati nelle famiglie disimpegnate: i ruoli tra genitori e figli
non sono ben definiti come neppure i confini tra i sottosistemi, col risultato
che queste famiglie si presentano come
un gruppo profondamente e drammaticamente disorganizzato i cui membri si
muovono come se fossero isolati tra loro, senza alcuna reciproca e apparente
interdipendenza.
Il tossicomane di tipo D conduce
una vita da marginale intraprendendo spesso una carriera deviante o, nei casi
più gravi, di un’istituzionalizzazione cronica.
A livello terapeutico l’aggancio
e gli sviluppi positivi in una terapia convenzionale sono in questi casi rari e
difficili. Tuttavia si è potuto vedere che la combinazione di più passaggi
terapeutici può produrre degli effetti positivi: si tratta di organizzare una
“catena terapeutica” in cui più imprese posano collaborare. L’intervento in
comunità può essere in questi casi particolarmente utile come punto di arrivo,
colmando le gravi carenze a livello di rapporti sociali e familiari.
Breve bibliografia:
Quei temerari sulle macchine volanti. Studio sulle terapie dei tossicomani, Cancrini Luigi, 1982, Carocci Editore
Schiavo delle mie brame. Storie di dipendenza da droghe, gioco d'azzardo, ossessioni di potere Cancrini Luigi, 2003, Frassinelli Editore
Guida alla psicoterapia Cancrini Luigi, 2004, Editori Riuniti
L'oceano borderline. Racconti di viaggi Cancrini Luigi, 2006, Cortina Raffaello Editore
Quei temerari sulle macchine volanti. Studio sulle terapie dei tossicomani, Cancrini Luigi, 1982, Carocci Editore
Schiavo delle mie brame. Storie di dipendenza da droghe, gioco d'azzardo, ossessioni di potere Cancrini Luigi, 2003, Frassinelli Editore
Guida alla psicoterapia Cancrini Luigi, 2004, Editori Riuniti
L'oceano borderline. Racconti di viaggi Cancrini Luigi, 2006, Cortina Raffaello Editore
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