Le nuove dipendenze e il bisogno di nuove riflessioni
In questi giorni, dopo i fatti di cronaca che abbiamo purtroppo conosciuto attraverso i giornali, si fa un granparlare della dipendenza da gioco e delle dimensioni che questo problema sta prendendo nel nostro Paese.
Occorre secondo me iniziare a riflettere seriamente anche sui meccanismi psicologici alla base dei comportamenti di dipendenza per poter mettere in atto serie strategie non solo di intervento, ma anche di prevenzione. Nel nostro quotidiano, siamo infatti abituati a parlare di dipendenze riferendosi alle sostanze illegali. Negli ultimi anni invece si osserva un ampliamento del campo di utilizzo del termine “dipendenza” in riferimento a comportamenti, abitudini, situazioni legali delle quali non possiamo fare e meno e che non hanno alcuna connessione con l’assunzione di sostanze. Si tratta di una dipendenza di tipo psicologico, che si ritiene essere più “sfuggente” rispetto alla dipendenza fisica, in quanto fa riferimento a meccanismi difficilmente evidenziabili, per cui il desiderio irrefrenabile di assumere una sostanza, come anche di trovarsi in una determinata situazione, di consumare qualcosa di non poter fare a meno di qualcuno, non è in relazione con le caratteristiche della sostanza stessa e con le conseguenze biochimiche dell’assunzione (Coletti 2004).
Già nel 1969 un comitato di
esperti dell’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) propone la seguente
nozione di dipendenza:
Stato
psichico, e alcune volte anche fisico, che risulti dall’interazione tra un
organismo vivente e un farmaco e che si caratterizza con delle modificazioni
del comportamento e con altre reazioni le quali contemplano sempre una pulsione
a prendere una sostanza in modo continuo o periodico, al fine di ritrovare i
suoi effetti psichici e a volte per
evitare il malessere della privazione. Questo stato può accompagnare o no una
tolleranza. Lo stesso individuo può essere dipendente da più sostanze
(Margaron, 2000).
Secondo questa definizione il
processo della dipendenza è un prodotto dell’interazione fra persona, sostanza
e contesto: si aprono le porte ad un tentativo di spiegare la dipendenza come
conseguenza di un processo estremamente complesso nel quale intervengono più
fattori.
I primi presupposti sistemici (ai
quali qui si fa riferimento) propongono una visione dell’individuo come un
essere sociale il cui comportamento è comprensibile alla luce delle relazioni
all’interno delle quali è inserito; in questa definizione viene sottolineato
l’aspetto comunicazionale di ogni evento e azione, compreso il comportamento
sintomatico. Rigliano (1998) formula una
definizione della dipendenza molto densa di significato: “La dipendenza è ciò
che risulta dall’incrocio tra il potere che la sostanza ha e il potere che
quella persona è disposta ad attribuire alla sostanza” (Rigliano, 1998).
Nonostante questo, esiste ancora
un forte dibattito tra i sostenitori dell’origine organica delle dipendenze,
sia psicologiche che non, e coloro che invece leggono il coinvolgimento
organico come conseguenza del consumo e abuso che proviene piuttosto da fattori
psicologici e sociali.
Alcuni neuropsichiatri (Inversen,
1999) si concentrano sul ruolo della dopamina (un neurotrasmettitore prodotto
dal cervello) nello scatenare bisogni di assunzione di sostanze; altri
ricercatori suggeriscono come alcuni individui posseggano una specifica
condizione cerebrale che li rende vulnerabili alla dipendenza. In particolare
sembra oramai accertato (Coletti, 2004) che nell’apparato cerebrale si possano
identificare strutture neuronali deputate alla ricompensa ed alla punizione e
che le modalità per ricercare la ricompensa ed il piacere possano essere
considerate alla base di quei meccanismi per cui un essere umano cerca proprio
quella sostanza, quegli effetti. Queste strutture neuronali sono considerate in
relazione con l’ambiente sociale, che ne plasma i limiti e le caratteristiche.
Gli approcci organici però non
sono più utilizzabili qualora si prenda in considerazione il ricorso ripetuto,
angoscioso e totalizzante che alcuni individui hanno verso situazioni,
piuttosto che sostanze. Sempre Coletti sostiene che “l’eliminazione
dall’orizzonte degli studi delle sostanze e dei loro effetti ricercati, rende
non plausibili (o, almeno non del tutto utilizzabili) tutti gli apporti delle
scienze neurobiologiche” (Coletti, 2004).
Secondo Croce (2001) è stato
finora eccessivo l’interesse per i modelli medici o biologici di spiegazione
del fenomeno del gioco d’azzardo patologico, anche perché questi non hanno
offerto alcuna conclusione condivisa ne' alcuna evidenza scientifica delle
ipotesi eziopatogenetiche. Secondo il punto di vista sistemico i comportamenti
di addiction sembrano rispondere a meccanismi relazionali: le abitudini
a comportamenti rischiosi si inseriscono perfettamente nei confronti delle
esigenze non solo di un individuo e delle sue spinte interne, ma anche riguardo
al bisogno di introdurre nel funzionamento di un sistema determinati elementi
che sono legati a doppio filo alla organizzazione del sistema stesso in tutta
la sua autoreferenzialità. In questa veste, ad esempio, la dipendenza da
Internet, che per sua natura attrae molto le persone giovani, potrebbe far
pensare ad una risposta legata a problemi inerenti alla fase del giovane adulto
che nello spazio virtuale trova una risposta distorta a problemi tipici di
questo momento del ciclo vitale.
La dipendenza, per essere tale,
deve essere capace di soddisfare tre bisogni fondamentali (Cancrini, 2004): il
primo è quello che si gioca sul piano del piacere o sulla caduta di una
tensione; il secondo si basa sul contrasto al disegno consapevole di una
persona e dell’ambiente che lo circonda che magari lo vorrebbe, a parole,
capace di lavorare, amare, divertirsi, ed invece nei fatti il soggetto si trova
impossibilitato a causa della dipendenza; il terzo bisogno è quello relativo al
piano della trasgressione, dell’essere e del presentarsi diverso, fuori dalle
regole che scadenzano la quotidianità vissuta come inaccettabile.
Se soddisfa tutte queste esigenze, l’oggetto “delle brame”,
che si tratti di una sostanza, come di un comportamento e/o un’abitudine,
diventa il protagonista assoluto della vita, intorno al quale la persona si
concentra o su cui sente di poter riflettere tutti i suoi desideri e tutti i suoi
bisogni.
Vai al Quaderno Cesvot "Le nuove dipendenze. Analisi e pratiche di intervento"
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